Cirillo Coffen Marcolin, presidente di Confindustria Moda, riassume la genesi dell’associazione e illustra le sfide che il settore dovrà affrontare per riprendere terreno dopo l’attuale emergenza sanitaria. Il Covid-19 impatterà fortemente sull’andamento economico 2020 delle aziende nostrane che, anche con l’aiuto del Governo, dovranno aprirsi ancora di più alla digitalizzazione per confermare la leadership italiana nel mondo.
Come tratteggiare l’identità di Confindustria Moda, una federazione giovane anche se frutto dell’unione di associazioni storiche?
Confindustria Moda è nata per la volontà delle aziende e delle associazioni di settore di fare sistema. Nel 2005 abbiamo costituito la Federazione Italiana Accessorio Moda e Persona, nel 2017 ha preso il via Confindustria Moda che ha visto liquidare la precedente Federazione e inglobare tutte le associazioni del mondo dell’accessorio assieme anche al settore tessile e abbigliamento, che rappresenta di fatto il comparto più importante.
Quali sono le dimensioni di Confindustria Moda oggi?
Confindustria Moda nel 2019 ha raggiunto un fatturato di oltre 98 miliardi rappresentando oltre 65 mila imprese e 600mila addetti, una propensione all’export che supera il 66 per cento. Rappresentiamo la seconda manifattura in Italia e nel 2019 abbiamo contribuito al saldo positivo della bilancia dei pagamenti per oltre 30 miliardi.
State facendo rilevazioni sull’andamento del settore, visto anche l’impatto dell’emergenza sanitaria?
Nel 2020, abbiamo subito un’elevata contrazione dei fatturati. Nei primi 9 mesi la perdita ha raggiunto i 29 miliardi. Più di 300 aziende intervistate hanno visto una contrazione del proprio fatturato dell’ultimo trimestre di oltre il 27%, in netta decelerazione rispetto ai precedenti. La raccolta degli ordini nel terzo trimestre ha visto un calo di oltre il 24%, in decelerazione rispetto al periodo da aprile a giugno. L’86% delle imprese del panel ritiene che nel 2020 avrà un fatturato in calo di circa il 10%, dato più negativo rispetto alla previsione nazionale che vede il pil in calo dell’8 per cento. Nel dettaglio scopriamo che oltre il 29% delle imprese ritiene di avere un fatturato in calo tra il 35 e il 50%, addirittura il 10% con un calo superiore al 50 per cento. Il 33% delle imprese ha utilizzato la cassa integrazione per oltre l’80% dei dipendenti nel terzo trimestre. Nel nostro comparto la stragrande maggioranza delle imprese sono pmi con un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. Nel terzo trimestre il 64% delle imprese ha dovuto anticipare la cassa integrazione. Il tessile prevede di chiudere il 2020 con un calo del 33%, superiore anche a quello dell’abbigliamento stimato intorno al 26 per cento.
Quali sono le aree di investimento di Confindustria per uscire da questa situazione di emergenza?
La filiera del fashion è sempre stata molto attenta alle tematiche di impatto sociale ed ambientale, essendo tutta la filiera localizzata in Italia è nell’interesse degli stessi imprenditori di creare dei circoli virtuosi sul proprio territorio. La tematica della sostenibilità a 360° farà la differenza per fortificare ulteriormente il settore moda nei prossimi anni. Proprio Confindustria Moda insieme alle organizzazioni sindacali ha inviato un appello al Governo in cui evidenziamo i temi cardini per il rilancio del nostro settore. Fra questi un argomento che non possiamo non ricordare è la formazione professionale che ha fatto la differenza nel corso degli anni, permettendo alle nostre aziende di avere una posizione di leadership internazionale. Oltre alla formazione abbiamo chiesto al Governo di aiutarci nell’ottica di un’economia circolare, di investimenti importanti in industria 4.0, di sostegno pubblico per migliorare la conciliazione dei tempi tra la la vita privata e il lavoro, soprattutto per l’apporto femminile preponderante nel nostro comparto. Sappiamo che dovremo sollecitare le imprese a investire nella digitalizzazione, come dimostrato da smart working ed e-commerce. Le fiere dovranno rivedere la propria struttura. Il touch & feel è ancora importante nel nostro settore quindi ci auguriamo di poter tornare ad allestire le fiere nel 2021 ma, allo stesso tempo, è indubbio che le manifestazioni debbano digitalizzarsi per garantire showroom online e consentire alle nostre imprese di vedere virtualmente ai propri buyer.
fonte: Pambianco News